venerdì 18 aprile 2014

Caetano Veloso in Italia 2014

"SONO un vecchio uomo" dice Caetano, ma mentre lo dice la sua voce sorride. A 72 anni sembra un ragazzo, saggio ed entusiasta, e sa bene di essere uno di quegli uomini per i quali l'età conta poco. La sua arte buca il tempo con la soavità dell'incanto e tra pochi giorni (il 30 aprile a Torino, il 2 maggio a Padova, il 5 a Milano e a seguire il 7 a Roma, il 9 a Bari e il 13 a Sassari) sarà di nuovo in Italia, un paese che ha sempre avuto un gran significato nella sua storia personale. "Amo l'idea di tornare, mi manca l'Italia. E ormai è da tempo che non ci suono. Lo scorso anno sono venuto solo per l'esibizione al Festival di Sanremo, ma diciamo pure che non sono esattamente uno da televisione. Ma di Sanremo mi attraeva la grande storia che ha alle spalle". 
Le manca anche l'Italia di oggi?
"Sì, tempo fa ero a Bahia, ho visto La grande bellezza, ho riprovato l'emozione che provavo quando ero piccolo e ascoltavo la lingua italiana nei film di allora, grandi film che mi hanno colpito profondamente, e a cui poi ho dedicato alcune delle mie canzoni.La grande bellezza è un film meraviglioso, molto ispirato, e credo sia molto difficile fare un film felliniano senza risultare ridicolo. Ho visto le immagini di Roma nel finale, mentre scorrono i titoli, e ho capito di nuovo quanto mi manca l'Italia".

Cosa dobbiamo aspettarci dal concerto che sta portando in giro nel mondo e che adesso arriverà in Italia?
"È facile, basta ascoltare il mio ultimo disco, Abraçaço, e in parte anche i due precedenti, compreso quello che si chiama Zii e zie, a proposito di Italia. In questa fase della mia storia amo lavorare con una piccola band, è bello guardare la band che ti suona a fianco, il lavoro che faccio con questi ragazzi è più semplice ma anche più misterioso. E lo stesso vale pe le nuove canzoni, sono più semplici, ma allo stesso tempo mi portano una nuova ispirazione. Con loro suono poche delle vecchie canzoni e molte delle nuove, ma di base farò in Italia lo stesso show che faccio in Brasile, è il mio brazilian show, con qualche piccola eccezione".

Eccezione? Per quale ragione?
"Beh, per esempio nell'utlimo disco c'è un pezzo che per me è molto importante, ma forse non è del tutto adatto a un concerto italiano. E' il pezzo che si intitola Um comunista, dedicato alla storia di Carlos Marighella, un combattente ucciso dalla dittaura militare. Quando la canto in Brasile ci sono reazioni molto forti, la gente canta il ritornello, appalude, urla il nome di Marighella, è un pezzo che piace e il pubblico rispetta la storia che racconto, anche i giovani, trovano commovente raccontare di un comunista che guardava verso un sogno. Io non sono mai stato violento, ma quella storia mi piaceva, nel pezzo ci sono tutte le contraddizioni del caso, non l'ho mai incontrato e non sono mai stato vicino a quelle storie, anche se a un certo punto lo sono stato, più di quanto pensassi, perché una mia amica fu imprigionata e torturata perché faceva parte di quel gruppo, ma per fortuna lei è sopravvissuta ed è ancora mia amica. Mi chiese di aiutarli logisticamente, io dissi si ma non feci granché perché non avevo il tempo e la possibilità di aiutarli realmente".



E perché non vuole proporre il pezzo in Italia?
"Il dubbio è relativo al fatto che è un pezzo molto lungo, e senza capire il testo può essere noioso".

Se ci permette un consiglio, la faccia...
"Vedremo, ci penserò".

Parlando del Brasile di oggi, c'è il problema dei Mondiali, con tutte le polemiche che ci sono state. Alcuni sostengono che il paese non è pronto. Cosa ne pensa?
"Un po' è vero, il feeling generale è che i brasiliani amano il football, e che questa è una possibilità di celebrare questo mondo, ma allo stesso tempo tutti sentono che il paese non è veramente pronto, ma siamo abituati a non essere pronti, per cui è troppo  prestio per dire come andrà a finire. Ci sono molte dimostrazioni, nelle strade, la gente grida slogan contro le spese, e hanno ragione, non è stato chiaramente chiarito come sono stati usati i soldi, molti stadi non saranno usati dopo i mondiali, basta pensare a posti come Manaus. Lì non serviva uno stadio così grande. Nessuno sa cosa succederà, ma forse l'amore per il calcio farà superare tutte queste tensioni".

Non è imbarazzato di fronte alla mancanza di idee che si respira nella musica del mondo?
"Può essere, non so, ma io ascolto cose in cui percepisco molta libertà, come nell'ultimo disco di Kanye West. È a tutti gli effetti un disco sperimentale. Mi piace molto James Blake, ha dei suoni molto intensi, e poi i Radiohead creativi, appassionati, ispirati, in realtà non credo che la musica oggi sia così commerciale come l'apparenza farebbe credere. Credo che stiamo superando il momento in cui il digitale sembrava aver ucciso l'anima della musica, è solo un modo diverso. Io sono solo un vecchio musicista, ma mi piace".


La Repubblica.it

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