mercoledì 26 febbraio 2014

Cinema brasiliano dagli anni 70 ai giorni nostri


Gli anni ’60-’70 furono contrassegnati dalla nascita del Cinema Marginal, movimento sorto parallelamente al Tropicalismo ad opera di un gruppo di registi che, sostenuti dalla Embrafilme, l’agenzia governativa per il cinema brasiliano, realizzarono film ad impronta sociologica, a basso costo e reclutando gli attori dalla strada, con l’obiettivo di denunciare la condizione delle classi più emarginate. Tra i film più rappresentativi del Cinema Marginal meritano di essere ricordati “O bandido da luz vermelha” di Rogerio Sganzerla, “Matou a familia” e “Foi ao cinema” di Julio Pressane ed infine “Rio Babilonia” di Neville d’Almeida. Nella produzione cinematografica brasiliana degli anni ’70 che, grazie al sostegno della Embrafilme, riuscì ad affermarsi su scala industriale, spiccano capolavori come “Amuleto de Ogum”, di Pereira dos Santos, film incentrato sul Candomblé, religione di origine africana praticata in Brasile, e “Guerra Conjugal” di Joaquim Pedro de Andrade, film che narra di una vicenda familiare tratta da un racconto di Dalton Trevisan. Ma il film brasiliano più noto al grande pubblico rimane “Dona Flor e i suoi due mariti”, proiettato anche in Italia, un racconto surreale che narra la storia di un menage a

Dopo la dittatura e il periodo di desolazione culturale in cui era precipitato il Paese nel decennio compreso tra la seconda metà degli anni ‘70 e la prima degli anni ’80, il cinema brasiliano va gradualmente risollevandosi dalla crisi.  Alcuni tra i registi più affermati si dedicano al rifacimento di opere già note, come è il caso di “Orfeu Negro”, realizzato dallo stesso Cacà Diegues. Un altro fenomeno imperante negli ultimi anni è quello delle telenovelas brasiliane, spesso interpretate dai grandi protagonisti del cinema di un tempo, come come Léa Garcia, Zezé Motta, Antonio Pompeo. Interessante infine è l’affermarsi sulla scena delcinema afrobrasiliano, capitanato da registi come Zozimo Bulbul e Waldyr Onofre, i quali, non senza difficoltà, cercano di riportare in luce le radici nere del Paese, ostinatamente sotterrate dalla supremazia culturale dei mass-media e dell’elite bianca.
Di assoluto rilievo culturale e artistico è il filone del cinema di denuncia delle condizioni di vita nelle favelas e in generale dei ceti più bassi, sul narcotraffico e la corruzione, che si è affermato su scala internazionale a partire dal 2002 col celebre "Cidade de Deus" (City of God) di Fernando Meirelles, che ha mostrato un lato del Brasile molto poco conosciuto all'estero prima di allora e sicuramente meno patinato e ottimistico. Il film ha anche ispirato la bellissima serie tv, diretta sempre da Meirelles, "Cidade dos homens" (City of men), con le sue 4 stagioni seguite dall'omonimo film, che tratta delle vicende di due ragazzi di favela che cercano di sfuggire a un destino che per chi nasce in quelle aree sembra scritto: diventare trafficante di droga. Sulla scia di questi ed altri film in tema c'è "Tropa de elite" di Josè Padilha, che parla del BOPE, il violentissimo corpo speciale di polizia che esegue azioni nelle favelas. Il film trionferà nel 2007 al Festival di Berlino e sarà seguito da "Tropa de elite 2", che denuncia in modo molto esplicito la corruzione di forze dell'ordine e della classe politica e sarà il film che vanta il maggior numero di spettatori paganti di tu

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